Ambiente

Rinaturazione del Po, bene la sospensiva del progetto

 

Si ferma il progetto di rinaturazione del Po, finanziato con 357 milioni del Pnrr articolate in 56 aree di intervento tra il Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto. Aipo, l’Agenzia interregionale per il fiume Po, ha comunicato la sospensiva dell’intervento a fronte di diverse e numerose criticità che non consentono di andare avanti. Tra queste, le problematiche sollevate dalle associazioni agricole, tra cui Confagricoltura, in merito agli espropri che avrebbero riguardato la coltivazione del pioppo su 7.000 ettari di terreno nelle aree del fiume, il 15% della superficie coltivata in Italia. La stessa Aipo (Agenzia interregionale per il fiume Po), ha evidenziato “diverse e numerose criticità che ad oggi non consentono al soggetto attuatore di poter perfezionare la determinazione conclusiva e proseguire nell’attuazione dell’intervento”.
La revisione del progetto del Pnrr sulla rinaturazione del fiume Po risponde alle richieste di Coldiretti di salvaguardare le attività agricole nella Food Valley italiana dove nasce 1/3 dell’agroalimentare nazionale. E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare positivamente la decisione del Governo di rivedere profondamente gli interventi sul più grande fiume italiano previsti nell’ambito del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Una misura che, di fatto, avrebbe letteralmente cancellato aree a forte vocazione agricola con un effetto devastante sulla produzione di cibo oltre che su quella di legname garantita dalle attività di coltivazione del pioppo, facendo peraltro mancare l’acqua ai cittadini nei periodi di siccità. Non a caso nei mesi scorsi Coldiretti aveva segnalato le forti criticità per l’agricoltura e la pioppicoltura, chiedendo con chiarezza di salvaguardare le aziende agricole, fermare gli espropri, tutelare le aziende che hanno investito e proteggere i cittadini. Un appello ora raccolto dal Governo e dalle Regioni interessate, nonché dalla Aipo, l’Agenzia Interregionale per il fiume Po, soggetto attuatore del progetto.
In Veneto i decreti di esproprio e di revoca delle concessioni di terreni coltivati a pioppo in golena del Po avrebbero riguardato cinque aree, tutte nel Delta del Po, in provincia di Rovigo. La pioppicoltura nell’alveo del fiume in Polesine, e quindi nel Veneto, interessa circa 500 ettari, pari a 150.000 pioppi, per un valore in dieci anni di 15 milioni di euro. Il piano di rinaturazione interesserebbe, per ora, alcune zone collocate nel Comune di Ariano del Polesine.
“Auspichiamo che questo stop tecnico procedurale rappresenti l’occasione per rivedere un progetto che riteniamo inefficace e dannoso, senza contare che non è stato concertato con chi da generazioni vive e lavora in questi ambienti – sottolinea Gianluigi Pippa, presidente della sezione colture legnose di Confagricoltura Veneto, titolare di un’azienda in provincia di Rovigo -. Le nostre aziende agricole, da secoli, coltivano e gestiscono il territorio in prossimità del grande fiume e ne conoscono le dinamiche. Il pioppo coltivato in questi ambienti è, ormai,un elemento essenziale e caratteristico del territorio e presenta numerosi e riconosciuti aspetti positivi, tra cui il bassissimo impatto ambientale con i nuovi cloni a Msa (Maggiore sostenibilità ambientale) e un sistema di coltivazione certificato. Un importante ruolo nella lotta ai cambiamenti climatici grazie alla elevatissima capacità di assorbimento della CO2 e un’elevata capacità di depurare l’acqua del terreno. Inoltre, il pioppo costituisce una materia prima strategica per l’industria del territorio, dato che da lungo tempo il nostro Paese deve importare circa il 50% del pioppo per le necessità di trasformazione industriale. Inoltre, la coltivazione del pioppo dà lavoro e ricchezza a tutta la filiera del legno arredo, se si conta che in Italia sono 40.000 gli addetti occupati”.
Confagricoltura Veneto chiede una valutazione tecnica ed economica dell’intero progetto e dei singoli interventi e un ripensamento radicale degli interventi proposti, individuando un modello condiviso e virtuoso per la coltivazione del pioppo in aree golenali.“Non siamo in una zona vergine, ma fortemente antropizzata – dice Pippa – con un fiume che, grazie al lavoro costante di intere generazioni, è stato canalizzato e ci permette di vivere in sicurezza. L’insieme degli interventi sembra, invece, voler, riportare il corso d’acqua a quando si muoveva libero in una pianura alluvionale. È utopico voler forzatamente riportare il Po alla situazione naturale passata, quando tutto è cambiato. In quest’epoca di cambiamenti climatici devono fare riflettere gli eventi che si sono verificati negli ultimi anni: l’estrema siccità e le alluvioni disastrose sono due facce della stessa medaglia. Il ripristino e l’attivazione di meandri e lanche previsti dal progetto, così come l’abbassamento dei pennelli, aumenterebbero i territori non gestiti, mentre le aree di rinaturazione, con la loro elevata densità di vegetazione, rallenterebbero il flusso dell’acqua, che riempirebbe l’alveo di sabbia, materiale vegetale e boscaglia. Un pericoloso sbarramento naturale delle acque, ideale per ricreare le condizioni vissute in Romagna con le ultime piene”.
Secondo il presidente del settore, al contrario, “servirebbero altri interventi strutturali per garantire corretti livelli e un’efficace riserva di acqua per scopi irrigui nei sempre più frequenti periodi siccitosi, da destinare alla popolazione della ricca pianura padana. Va mantenuta inoltre la coltivazione dei pioppi, che con questo progetto verrebbe ridimensionata, in quanto permette nei periodi di piena del fiume il libero deflusso delle acque in eccesso grazie alla ampia spaziosità del sesto d’impianto, che permette alle acque di arrivare velocemente al mare”.
Dinanzi agli impatti sempre più devastanti dei cambiamenti climatici occorre abbandonare una visione sbagliata che contrappone l’agricoltura alla tutela dell’ambiente poiché – ricorda Coldiretti — sono proprio le aziende agricole a garantire il presidio ambientale, economico e sociale. I fondi a disposizione vanno utilizzati dunque – sottolinea Coldiretti – per interventi di gestione dell’acqua. Proprio per questo Coldiretti propone da anni un Piano invasi che metta in sicurezza il Paese, garantendo acqua ed energia a cittadini e imprese.
Anche Confagricoltura Alessandria, insieme a Confagricoltura Piemonte, aveva evidenziato, nella nota trasmessa ai ministri competenti e nel corso della Conferenza dei servizi, come gli interventi proposti “non costituiscano per i territori coinvolti opportunità economiche vantaggiose e, a nostro avviso, non considerano l’operato degli agricoltori impegnati fino ad oggi nel presidio di queste aree, che andrebbero incontro ad abbandono certo, dando spazio alle specie alloctone e a infestazioni di ogni genere”.

Gli interventi del piano avrebbero di fatto bloccato tutto il settore della pioppicoltura, senza garantire vantaggi né alla rinaturazione, né nel caso di piene e alluvioni.

“Oltre al danno per i nostri agricoltori che avrebbero dovuto, in alcuni casi, abbattere i pioppeti, abbiamo messo in evidenza anche un possibile impatto negativo sull’ambiente in quanto le aree coltivate a pioppo garantiscono un rallentamento della corrente durante le piene, lasciando defluire l’acqua in modo più controllato”, spiega la presidente di Confagricoltura Alessandria Paola Sacco.

L’associazione degli imprenditori agricoli aveva chiesto che venisse ripensata la destinazione dei 357 milioni di euro previsti dal Pnrr alla voce “Tutela del territorio e della risorsa idrica”, in favore di una gestione locale sostenibile di torrenti e piccoli fiumi, che preveda la pulizia degli alvei e il consolidamento degli argini, coinvolgendo maggiormente gli attori locali.

“L’obiettivo degli interventi – conclude Sacco – dovrebbe includere una più efficace gestione e regimazione del fiume stesso che possa consentire la convivenza tra ambiente e attività agricola”.

“Auspichiamo che questo stop tecnico-procedurale – aggiunge Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Piemonte e presidente nazionale dei produttori di legno di Confagricoltura – possa rappresentare l’occasione politica per aprire un confronto e rivedere radicalmente il progetto destinando i fondi ad una più efficace gestione e regimazione del fiume stesso, andando a riconsiderare anche interventi di bacinizzazione piuttosto che di rinaturazione”.

 

 

 

 

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