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Meat Sounding: arriva il divieto definitivo

Il 16 novembre è stato approvato il testo normativo che disciplina l’uso dei nomi carnei su prodotti a base di proteine vegetali, ponendo un freno e un chiaro divieto al fenomeno del meat sounding.

Come noto, parliamo di quella pratica ormai diffusa grazie all’abile attività di marketing di talune aziende, per cui prodotti a base vegetale vengono posti in vendita con nomi che richiamano o citano espressamente prodotti a base di carne: ‘hamburger vegetale’, ‘bresaola di grano‘, ‘vegan mortadella’ sono solo alcuni esempi di questa anomala prassi di mercato.

“E’ bene che il Parlamento abbia approvato tale norma che vieta l’uso di nomi carnei sui prodotti che la carne non la contengono – commenta Davide Calderone, direttore di Assica – si tratta di una conquista culturale e di buon senso per la corretta concorrenza tra operatori del settore alimentare. Ora la norma andrà prontamente attuata per dare concretezza ai giusti principi che contiene”.

Il testo approvato infatti prevede l’emanazione di un decreto del Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (Masaf) per l’individuazione delle denominazioni carnee da non utilizzare su prodotti a base vegetale. La disciplina adottata dall’Italia non è la prima nel panorama mondiale: già Francia e Sud Africa hanno approvato previsioni esplicite in proposito. In sede UE invece ci furono tentativi passati di disciplinare la materia in maniera analoga a quanto si fece per il latte e i suoi derivati, ma senza che le proposte riuscissero ad approdare a rango normativo. È una distinzione che la maggior parte dei consumatori riterrà probabilmente più legata al buon senso e che forse non avrebbe dovuto nemmeno necessitare un interessamento del Parlamento per la fissazione di regole legislative così puntuali.

Tuttavia, l’intervento si è reso necessario per tutelare la storicità produttiva di un’intera filiera: come esplicitato dai Deputati sostenitori dell’iniziativa, “le parole hanno un peso” e in questo caso il peso deriva dalla grande portata di storia, tradizione e manodopera esperta, specializzata, che è coinvolta dalla filiera zootecnica ad ogni livello. Un impatto anche sociale che è molto diverso nelle produzioni plant based e che i promotori della norma ritengono corretto mantenere distinto.

“Ci teniamo a ringraziare particolarmente il vice presidente del Senato on.le Gian Marco Centinaio e il Presidente della Commissione Agricoltura della Camera on.le Mirco Carloni il cui impegno e attenzione al dossier sono risultati chiave per il successo dell’iniziativa e la soddisfazione dei settori direttamente tutelati dalla norma”, dichiara Davide Calderone.

Viceversa, i detrattori della norma hanno sempre sottolineato come le produzioni plant based non siano da penalizzare, perché ampiamente gradite al pubblico dei consumatori, che chiaramente le sa distinguere e scegliere e perché più in linea con i moderni stili di vita e regimi alimentari. “L’uso corretto dei nomi relativi alla carne non ha nulla a che vedere con la penalizzazione dei prodotti plant based. Sinceramente – prosegue Calderone – non capiamo perché i prodotti cosiddetti plant based, che ci tengono tanto a distinguersi comunicando di posizionarsi su un livello superiore alla carne per dieta, valori nutrizionali, persino impatto ambientale, finiscano sempre per proporsi al pubblico con i nomi dei prodotti da cui prendono le distanze. In molti casi questi prodotti vegetali rappresentano espressione di forte innovazione nel settore del food, ma riteniamo ingiustificato e inspiegabile che tali prodotti a base vegetale continuino a sfruttare la rinomanza e la reputazione di prodotti carnei che tentano di imitare nell’aspetto. Siamo lieti che questa norma, finalmente, faccia chiarezza su cosa è corretto comunicare e cosa no”.

“Ora il nostro obiettivo è andare in Europa per chiedere che anche l’UE si doti di una disciplina sulla materia, in maniera analoga a quanto già avvenuto per il settore del latte” – prosegue Calderone. “Le norme sul food devono essere comuni in tutto il mercato unico. Non si tratta di una guerra ai prodotti di origine vegetale, lo ripeto, ma di una battaglia a difesa di una filiera di cui gli stessi che cercano di evidenziarne i limiti da un lato, dall’altro tentano però di accaparrarsene i pregi, evocando nel consumatore l’insostituibile apporto nutrizionale, la tradizionalità cultural-gastronomica e la professionalità peculiare di un settore dalla storia secolare, appunto quello della lavorazione delle carni”.

“Auspichiamo – ha concluso Calderone – che l’impegno del Governo possa esprimersi con altrettanta forza nelle attività di eradicazione della PSA, malattia veterinaria che da gennaio 2022 affligge il comparto suinicolo di base al quale, anche in legge di bilancio, speriamo possano essere dedicate adeguate risorse per sostegno, tutela e valorizzazione continua”.
Dalla legge approvata definitivamente dal Parlamento arriva lo stop all’uso distorto di denominazioni tradizionalmente riferiti a prodotti a base di carne ma composti su base vegetale come prosciutto, burger e salsiccia veg che rappresentano pratiche commerciali sleali i nei confronti dei consumatori, afferma la Coldiretti.  Viene infatti previsto, precisa la Coldiretti, che un apposito decreto del Ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare definisca una lista di denominazioni che, richiamando prodotti vegetali, possano indurre in errore il consumatore. Una esigenza,sottolinea la Coldiretti, per contrastare gli inganni che sempre più spesso inducono a modificare scelte di acquisto verso prodotti che risultano anche arricchiti con additivi, coadiuvanti e sostanze di sintesi per edulcorare sapori e modificare colori. Vengono in ogni caso fatte salve – precisa la Coldiretti – l’aggiunta di proteine vegetali ai prodotti di origine animale e alle eventuali combinazioni di prodotti che non sono sostitutivi di quelli di origine animale. La violazione del divieto risulta sanzionata sul piano amministrativo anche con la confisca del prodotto e il divieto di accesso a contributi pubblici fino a prevedere la chiusura dello stabilimento.
Nel caso delle limitazioni all’etichettatura dei prodotti a base vegetale, che non potranno evocare nomenclature legate agli alimenti di origine animale, per l’associazione Essere Animali, questo provvedimento danneggia ancora una volta le aziende italiane che producono cibi consumati regolarmente da un italiano su due. Secondo le ricerche di settore, l’Italia è il terzo mercato in Europa per quanto riguarda i prodotti a base vegetale, con un aumento delle vendite del 21% tra il 2020 e il 2022 e un giro d’affari che supera i 680 milioni di euro. “Questa legge dice agli italiani cosa possono o non possono mangiare, soffoca l’innovazione e quasi sicuramente viola il diritto comunitario. È davvero scoraggiante che l’Italia venga esclusa da una nuova industria che crea posti di lavoro e che venga impedito di vendere alimenti più rispettosi del clima. Un tempo pioniera per innovazioni che hanno cambiato il mondo, come la radio, i microchip, le batterie, le automobili e la moda, i politici italiani scelgono ora di far tornare indietro l’Italia mentre il resto del mondo va avanti” ha commentato l’Alleanza Italiana per le Proteine Complementari, che riunisce imprese di settore, ricercatori e associazioni no profit.
“Con questa decisione l’Italia punta esclusivamente a tutelare un settore produttivo, la zootecnia, che contribuisce alla crisi climatica e causa gravi sofferenze negli animali. Non sono solo le organizzazioni come Essere Animali a esprimere sgomento per questa decisione antiscientifica e ideologica, anche voci eminenti come quelle della scienziata e senatrice a vita Elena Cattaneo hanno preso posizione contro il disegno di legge, definendola “una legge-manifesto” inutile e “cara a Coldiretti”, a riprova della palese relazione privilegiata tra la maggioranza di governo e i portatori di interesse nell’industria zootecnica”, dichiara Claudio Pomo, responsabile sviluppo di Essere Animali. 

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