Carne coltivata, approvato il decreto di legge per il divieto in Italia
Dopo il via libera del Senato, il 16 novembre è stato approvata anche alla Camera dei deputati e quindi approvato in via definitiva, con 159 voti favorevoli, 53 contrari e 34 astenuti, il disegno di legge che vieta la produzione, la commercializzazione e l’importazione in Italia di carne coltivata e altro cibo sintetico, cioè carne prodotta in laboratorio attraverso colture di cellule staminali animali: l’Italia è il primo paese europeo a introdurre un divieto di questo tipo. “Abbiamo approvato in via definitiva una delle leggi più democratiche che abbiamo avuto nella nostra Nazione – dice il ministro dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, Francesco Lollobrigida – nata in seguito a una petizione che chiede di vietare questo tipo di produzioni. A sostegno del provvedimento ci sono oltre 2 milioni di firme, tra le quali ci sono rappresentanti istituzionali di tutti i partiti presenti in Parlamento, più di 3mila ordini del giorno dei Comuni e venti Regioni di ogni colore politico”. La carne coltivata, spesso definita “carne sintetica” da chi vi si oppone, è considerata da altri un’alternativa possibile alla carne prodotta dagli allevamenti intensivi, e potrebbe ridurre in modo significativo l’impatto ambientale e una serie di problemi etici legati al consumo di carne.
“Questo cibo – ha sottolineato il ministro – attualmente non è consentito in Europa e non è stato testato e sperimentato adeguatamente. Siamo ottimisti sul fatto che l’Unione respingerà la possibilità di produrlo, importarlo e commercializzarlo. Il Parlamento europeo attualmente ha respinto con i voti trasversali dei parlamentari Ue qualsiasi emendamento che aprisse a queste procedure. Lavoreremo per rafforzare questo principio e rendere il mondo degli agricoltori, degli allevatori e della qualità, centrale nelle nostre dinamiche e produrre alimenti che garantiscano la salute dei nostri cittadini”.
“Bene, anzi benissimo”. Questo il commento del presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana, e dell’assessore all’Agricoltura, Sovranità alimentare e Foreste, Alessandro Beduschi, dopo l’approvazione della legge sul divieto di produrre e vendere in Italia carne sintetica. “Un provvedimento – dichiarano – che la Lombardia ha sempre sostenuto con forza, a difesa delle sue filiere e di un settore in cui rappresentiamo un’eccellenza mondiale. Ora questa legge diventi modello in Europa e altri Paesi finalmente si accorgano che la risposta alla domanda di cibo sano e di qualità è nei nostri allevamenti e non nel bioreattore di qualche multinazionale”.
“Dopo l’approvazione definitiva della legge per fermare i cibi costruiti in laboratorio nei bioreattori – afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini – la battaglia si sposta in Europa dove l’Italia, che è leader mondiale nella qualità e sicurezza alimentare, ha il dovere di fare da apripista nelle politiche di tutela della salute dei cittadini”. La legge è dunque un impegno a difesa della dieta mediterranea ma anche – sottolinea la Coldiretti – un segnale importante per l’Unione Europea che, nel rispetto del principio di precauzione, ha già portato da oltre 40 anni a mettere al bando negli alimenti l’uso di ormoni che sono invece utilizzati nei processi produttivi della carne a base cellulare. Peraltro,precisa la Coldiretti, la Commissione Agricoltura dell’Europarlamento si è già espressa sulla carne artificiale coltivata nella risoluzione sulle proteine, respingendo a larga maggioranza un emendamento che individuava nelle proteine coltivate in laboratorio una delle possibili soluzioni al problema della dipendenza degli allevamenti europei dagli approvvigionamenti dall’estero.
Essere Animali esprime ancora una volta profonda preoccupazione per una decisione che frena ingiustamente un settore, quello delle proteine alternative,che ha un doppio vantaggio: da un lato, non contribuisce all’allevamento intensivo di animali, e dall’altro, gioca un ruolo importante nel ridurre le emissioni di gas climalteranti generate dal settore alimentare. Nel caso della carne coltivata nello specifico, questa misura avrà il grave effetto negativo di rendere impossibile lo sviluppo di aziende italiane in un settore potenzialmente in grande crescita, capace di creare posti di lavoro e indotto economico. Inoltre spingerà alla fuga ricercatori e ricercatrici italiani interessati a lavorare in questo settore. Infine, limiterà la libera competizione nel mercato e la libera scelta di cittadine e cittadini di mangiare ciò che desiderano. Un sondaggio condotto tra i consumatori italiani rivela infatti che il 55% è interessato all’acquisto di carne coltivata, mentre il 75% crede che sia necessario ridurre il consumo di carne convenzionale. Per quanto riguarda invece l’impatto sull’ambiente, studi peer-reviewed, a differenza di quello non ancora soggetto a revisione paritaria che è spesso citato per osteggiare la carne coltivata, dimostrano che la carne a base cellulare potrebbe ridurre, in confronto alla carne bovina convenzionale, le emissioni fino al 92%. Potrebbe inoltre tagliare fino al 94% l’inquinamento atmosferico associato alla produzione di carne e fino al 90% l’utilizzo di terreni.
“Questa misura non solo priverà i consumatori della libertà di scelta – ha dichiarato Francesca Gallelli, consulente per gli affari pubblici del Good Food Institute Europe – ma taglierà fuori il paese dagli investimenti e dalla creazione dei posti di lavoro offerti da questo settore emergente. Il dibattito sulla carne coltivata in Italia è stato alimentato da una campagna di disinformazione e da un attivo ostruzionismo, in quanto le audizioni parlamentari hanno intenzionalmente escluso le aziende e i sostenitori della carne coltivata.
Il governo ha ribadito la sua intenzione a sottoporre nuovamente il provvedimento all’esame dell’Unione Europea, attraverso la procedura TRIS. Auspichiamo che l’invio della nuova notifica avvenga al più presto, per mettere in luce le criticità che la legge presenta per il mercato unico”.