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Mafia dei pascoli, 91 condanne e oltre 6 secoli di carcere

Il tribunale di Patti  ha inflitto più di 600 anni di reclusione per 91 condanne, 16 aziende confiscate, oltre diversi risarcimenti, tra cui quello all’unico imprenditore che ha denunciato, e una serie di interdizioni. L’aggravante mafiosa è stata però esclusa per uno dei due filoni del processo, mantenendo solo per metà l’impostazione dell’accusa. È questo l’esito di primo grado del processo alla mafia dei pascoli. Il tribunale di Patti ha disposto la confisca di più di tre milioni di euro alle cosche di Tortorici. Svelato un giro di società che attestavano di possedere dei terreni inesistenti. Dieci le assoluzioni.
Così si è conclusa la prima tranche di un maxi processo che vedeva alla sbarra due delle più note famiglie mafiose dei Nebrodi, dopo un anno e mezzo dall’inizio del processo iniziato da. due  indagini separate su cui si è concentrata la procura, una condotta dai Carabinieri della sezione Anticrimine di Messina e da quelli del Nac di Salerno, che si è concentrata sul gruppo criminale dei Batanesi, e l’altra dal Gico della guardia di finanza di Messina che ha riguardato il gruppo dei Bontempo Scavo. Entrambi i gruppi, secondo la procura, facevano parte di un’unica organizzazione mafiosa, quella dei “tortoriciani”, nome tratto da Tortorici, il piccolo paese inerpicato sulla cima dei Nebrodi. I due gruppi, secondo la tesi dei pm, erano connessi tra loro proprio nelle truffe ai danni della Comunità europea. Perché, secondo quanto scrive la procura nella memoria, “la vecchia mafia rurale si è evoluta”. Ovvero, la “mafia dei pascoli” ha modificato sostanzialmente il suo raggio d’azione. Così, accanto alle più classiche attività di estorsione, comunque mantenute, si è andato espandendo l’interesse per il grande business derivante dalle truffe ai danni dell’Unione europea. “Una mafia dei pascoli moderna“, a servizio di “un meccanismo che in Sicilia ha inquinato – hanno scritto i pm – l’intero sistema di assegnazione e compravendita dei terreni”.
Il processo scaturisce dai risultati delle indagini svolte nel territorio dei Nebrodi dal Gico della Guardia di finanza di Messina e dai carabinieri del Ros e del Comando Tutela agroalimentare che da un lato hanno ricostruito il nuovo assetto del clan dei Batanesi, operante nella zona di Tortorici, dall’altro si sono concentrate sulla costola del clan dei Bontempo Scavo. Si trattò di una delle più vaste operazioni antimafia eseguite in Sicilia e la più poderose sul versante dei fondi europei dell’agricoltura in mano alle mafie mai eseguita in Italia e all’estero. 
Milioni di euro guadagnati per anni  dalla mafia. Un business “legale” e inesplorato. Boss che riuscivano inspiegabilmente ad affittare tanti ettari di terreno nel Parco dei Nebrodi, in Sicilia, terrorizzando allevatori e agricoltori onesti, li lasciavano incolti e incassavano i contributi dell’Unione Europea perfino attraverso “regolari” bonifici bancari. Un meccanismo perverso che si perpetuava di famiglia in famiglia e faceva guadagnare somme impensabili. Un affare che si aggirerebbe in circa tre miliardi di euro potenziali negli ultimi 10 anni. E nessuno vedeva o denunciava. Fino a quando in quel Parco non è arrivato come presidente Giuseppe Antoci, che è riuscito a spazzare via la mafia dal Parco realizzando un protocollo di legalità che poi è diventato legge dello Stato ed oggi è applicato in tutta Italia. Cosa nostra aveva decretato la sua morte. La notte tra il 17 e il 18 maggio 2016 Antoci è stato vittima di un attentato, dal quale è uscito illeso solo grazie all’auto blindata e all’intervento armato del vice questore Daniele Manganaro e degli uomini della sua scorta.
Gli investigatori hanno accertato, che, a partire dal 2013, sarebbero stati percepiti irregolarmente erogazioni pubbliche per oltre 10 milioni di euro. 

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