EIMA, il ruolo chiave della formazione per l’agricoltura 4.0
La formazione continua, per lo sviluppo delle nuove competenze richieste dall’agricoltura 4.0. La valorizzazione del made in Italy anche attraverso le più moderne tecnologie digitali. Accordi di filiera allargati al mondo della grande distribuzione organizzata. La sfida dell’aumento della capacità produttiva. Alla 45esima edizione di Eima operatori a confronto sull’agricoltura del futuro.
L’agricoltura italiana ha un primato: è la più sostenibile del mondo. Ma ha di fronte a sé molte sfide, a partire da quella della formazione, per allineare le competenze degli operatori del settore alle esigenze poste dall’agricoltura 4.0. “E quando parliamo di formazione non possiamo fermarci all’istruzione tecnica superiore o all’università: è necessario un investimento continuo”, dice Ettore Prandini, presidente nazionale di Coldiretti. La 45esima edizione di EIMA, salone mondiale delle macchine agricole, diventa palcoscenico di un confronto tra gli attori della filiera sull’agricoltura del futuro, tra innovazione e tecnologie, grazie all’incontro-dibattito promosso dall’azienda Maschio Gaspardo. Sul tavolo dei relatori tante questioni aperte. Dallo sfruttamento delle nuove tecnologie digitali per la valorizzazione del made in Italy all’estero a un nuovo sodalizio con l’agromeccanica. Dall’apertura di un dibattito di filiera allargato anche alla grande distribuzione organizzata, alla consapevolezza che l’investimento sulle risorse umane è un valore aggiunto. “Se sei una azienda attrattiva, se dai ai giovani formazione continua e dignità loro ti ricambiano con la creatività”, dice Claudio Destro, amministratore delegato di Maccarese SpA. “Noi – prosegue Destro – attingiamo dagli istituti agrari e dagli atenei ma ai nostri giovani dipendenti assicuriamo una formazione continua per farli crescere costantemente”. Se per Prandini l’agricoltura italiana è un modello da esportare, mettendo a frutto tutto ciò che è necessario per far conoscere oltreconfine che cosa lo caratterizza, per Gianni Dalla Bernardina, presidente di Cai, Confederazione agromeccanici e agricoltori, occorre un nuovo patto. “Dobbiamo uscire dalla logica che l’agromeccanica non rappresenta un valore aggiunto per l’agricoltura”, sostiene Dalla Bernardina. Mentre per Raffaele Garofalo (Fattorie Garofalo) “con il nuovo governo si dovrà discutere della filiera soprattutto nel rapporto con la Gdo”. Sullo sfondo c’è il limite del sistema agricolo italiano nel confronto con il resto dell’Europa, vale a dire la dimensione mediamente piccola delle sue imprese. Ma c’è anche la prospettiva, secondo Prandini, di “aumentare la nostra capacità produttiva lavorando con tutti i soggetti della filiera e di creare le condizioni per trasmettere la professionalità delle nostre aziende, che è anche una difesa contro il fenomeno dell’italian sounding”. Una cosa è certa: secondo Garofalo “l’agricoltura 4.0 sta cambiando tutti i processi produttivi e bisogna cogliere le opportunità che offre, soprattutto al Sud. E’ fondamentale ridurre tutti i costi di produzione e questo si può fare solo con l’innovazione tecnologica”. La strada è tracciata. “Sarà inevitabile proseguire in questa direzione – sostiene Destro – perché oggi con l’agricoltura di precisione si ottiene un risparmio sui costi di produzione che oscilla tra il 50 e il 60% a ettaro”.