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8 marzo: Donne in Campo-Cia per un’agricoltura plurale che guarda al futuro

La visione femminile dell’agricoltura deve tornare protagonista e continuare a crescere. Già ora le oltre 200.000 imprenditrici italiane sono in prima linea per difendere il settore quale asset strategico dell’Italia. Cancellare le donne dell’agricoltura dalle politiche nazionali ed europee significa rinunciare completamente a un approccio plurale e multifunzionale, necessario a traghettare nel futuro il comparto e il Paese. Lo afferma Donne in Campo-Cia in occasione dell’8 marzo.

Oggi le donne non solo sono assenti da provvedimenti dedicati nel Pnrr e nella Pac, ma sono state escluse dagli incentivi ad hoc della misura “Più Impresa”, non rifinanziata dall’ultima legge di Bilancio, e colpite dal netto peggioramento di “Opzione donna”. Anche il Fondo Impresa Donna ammette agli stanziamenti le imprenditrici di tutti i settori, compreso quello della trasformazione alimentare, ma tiene fuori la produzione agricola.

“Le agricoltrici risultano così fortemente penalizzate e discriminate nei confronti delle colleghe di altri comparti -spiega la presidente di Donne in Campo-Cia, Pina Terenzi-. Stessa situazione con la Politica agricola comune dell’Ue, che prescrive regole uguali per tutti piuttosto che valorizzare le differenze garantendo pari opportunità”. Con il risultato che “a fronte di una grande attenzione ai temi femminili sul fronte mediatico, le azioni concrete sembrano andare in un altro verso”.

Tuttora alle agricoltrici, come a tutte le lavoratrici autonome, viene riconosciuta solo la maternità obbligatoria, ma con un’indennità economica insufficiente e non sono coperte né la maternità a rischio né il congedo parentale per assistere familiari con disabilità. Inoltre, continua a non essere valorizzato e supportato da politiche concrete il lavoro delle donne nelle aree rurali e interne, mancando adeguati servizi sanitari e scolastici, così come un ammodernamento delle infrastrutture fisiche e digitali.

“Ma soltanto lavorando su politiche più eque e garantendo la sinergia tra più modelli di agricoltura -osserva Terenzi- si potrà uscire da una crisi che ha visto più che dimezzato il numero di aziende negli ultimi vent’anni. Il nostro Paese non ha bisogno di meno agricoltura. Ha bisogno di più agricolture, a partire da quella femminile”.

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