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Pera dell’Emilia Romagna IGP: “Un’eccellenza da salvare” Ecco le misure anti-crisi per sostenere il prodotto in una stagione dove il raccolto è il 70% in meno rispetto al 2022  

 

 

Sulla scia dei dati drammatici del raccolto 2023, il Consorzio di Tutela della Pera dell’Emilia Romagna IGP ha deciso di stringere una partnership con il mondo della distribuzione per qualificare al meglio il prodotto disponibile, accompagnata da un’impattante campagna stampa e tv. Adesso tocca ai consumatori sostenere una delle gemme della frutticoltura emiliano romagnola, che tra diretto e indotto impiega ogni anno 15.000 addetti.

Quella che stiamo vivendo è una stagione da allarme rosso per il comparto della pera. A raccolto appena concluso, infatti, la situazione si sta rivelando anche peggiore rispetto alle più prudenti previsioni formulate lo scorso luglio.

Mai così scarsa la raccolta di prodotto fresco

UNAPera, la più grande associazione europea di pere, che riunisce oltre 5.000 aziende agricole su più 8.500 ettari, pari in media al 70% della produzione dell’Emilia Romagna, dispone quest’anno di circa 30.000 tonnellate di prodotto per il consumo fresco, pari a un terzo di quelle dello scorso anno, quando la raccolta si era attestata a quota 90.000 tons. Se consideriamo che  l’Italia può contare per questa annata su circa  50.000 tons di prodotto per il mercato del fresco, a fronte di un potenziale di consumo più che doppio, ci possiamo rendere conto della drammaticità della situazione.

Il calo della produzione, soprattutto in Emilia Romagna, è un trend che in questi ultimi anni è andato consolidandosi, complice innanzitutto la riduzione degli ettari coltivati: dai 18.500 del 2017 si è passati agli attuali 12.000. Una flessione dettata dalle difficoltà tecniche legate a questa coltivazione, indotte in gran parte dalle avversità climatiche. Al di là delle calamità eccezionali, come l’alluvione di quest’anno, il pero è infatti una pianta che soffre in modo particolare l’innalzamento medio delle temperature, che spesso porta ad anticipi nel risveglio vegetativo, con effetti catastrofici se seguono gelate in fioritura o addirittura dopo la comparsa dei frutticini.

In calo anche la remunerazione dei pericoltori

Il crollo delle rese si riflette immediatamente sulla remunerazione degli agricoltori. Nonostante gli sforzi di UNAPera, che lavorerà per liquidare ai pericoltori un valore medio-alto per unità di prodotto, sia per il fresco che per il prodotto destinato all’industria, il totale per ettaro sarà ovviamente poco più di un terzo rispetto al 2022, poiché risentirà del calo produttivo, per un totale che per l’associazione si attesterà su poco più di 30 milioni di euro, quasi il 70% in meno rispetto ai poco meno di 100 dello scorso anno. Una contrazione che ovviamente genera pesanti difficoltà per chi lavora nei campi e rende ancora più difficile realizzare quegli investimenti tecnologici per tutelarsi nel futuro da situazioni analoghe a quelle registrate, esponendo nuovamente le coltivazioni ai rischi nelle prossime stagioni. Un’eventualità che potrebbe favorire l’abbandono della pericoltura, da scongiurare in ogni modo ma da non escludere a priori. Anche perché, oltre al danno diretto, che quest’anno supererà i 70 milioni di euro, vi è tutto quello sull’indotto, che vale quasi il doppio. Per aiutare i produttori a superare questa contingenza, le istituzioni stanno studiando un piano di ristori per l’immediato e un piano di finanziamenti per ammodernare i frutteti.

I grandi nemici della produzione 2023

Quest’anno il settore ha risentito negativamente di tre fattori legati più o meno direttamente ai cambiamenti climatici: a primavera le gelate tardive, da Reggio Emilia a Ravenna; in maggio, l’alluvione in Romagna, soprattutto nella zona di Ravenna ma anche nella provincia di Ferrara; la siccità e le grandinate a macchia di leopardo, durante l’estate. Fenomeni che hanno portato ulteriori conseguenze: insetti alieni come la cimice asiatica, che vengono da lontano e ben si adattano alle nostre condizioni; malattie fungine e batteriosi anch’esse alimentate da condizioni favorevoli e piante già debilitate.

Meno quantità, più qualità organolettica

Va detto che la minor quantità di frutti per pianta ha favorito lo sviluppo di pere di maggiore qualità a livello di grado zuccherino – tanto che l’obiettivo, assolutamente raggiungibile, è quello di arrivare a commercializzare almeno 10.000 tonnellate di prodotto a marchio IGP, nonostante le criticità presenti in termini “estetici”. Gelate e grandinate lasciano segni che possono condizionare l’acquisto, se i consumatori non sono adeguatamente informati. Non a caso, la comunicazione del Consorzio punta soprattutto sull’eccellenza delle caratteristiche organolettiche del prodotto.

L’impegno e gli strumenti concreti adottati dal Consorzio

Il Consorzio di Tutela della Pera dell’Emilia Romagna IGP, infatti, nonostante le difficoltà che affliggono il settore, continuerà nel progetto di rilancio, attraverso il nuovo claim di campagna: “Pera dell’Emilia Romagna IGP. Un’eccellenza da salvare”, che campeggerà da metà ottobre nella campagna stampa su testate consumer trasversali e sui principali quotidiani nazionali. A questa operazione si affiancherà una campagna televisiva nazionale da metà novembre a inizio dicembre.

Fortemente strategica anche la collaborazione con il mondo distributivo, che si è dimostrato molto disponibile a sostenere la progettualità del Consorzio attraverso attività di comunicazione in store, già a partire da questo mese nei punti vendita delle maggiori insegne retail.

Un grande impegno per un prodotto che rientra tra i frutti preferiti dal 30% dei consumatori italiani, come emerge dalle ricerca su 3.000 responsabili acquisti realizzata da Agroter nel 2022, per una vera e propria “call to action” finalizzata a sensibilizzare i consumatori affinché, nonostante la concorrenza dall’estero, preferiscano il prodotto IGP: magari imperfetto sotto il profilo estetico, ma senza dubbio di qualità superiore grazie alle ineguagliabili caratteristiche organolettiche.

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