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Il Pecorino Romano festeggia la Convenzione di Stresa ed i 70 anni delle Indicazioni Geografiche

 

La denominazione d’origine celebra i suoi primi settant’anni e il Pecorino Romano festeggia, a Bergamo, il compleanno della certificazione d’origine con un regalo ai suoi estimatori e consumatori: è il formaggio con la minore impronta ambientale, ovvero quello che viene prodotto nel totale rispetto dell’ambiente e che, nel 2020, ha prodotto un valore di 500 milioni di euro, ovvero la seconda voce dell’economia della Sardegna.

Nell’ex monastero di Astino, durante il Dairy Culture and Civilisation Forum, nell’ambito della manifestazione “Forme Future – Antichi saperi e nuove conoscenze”, è stato organizzato il convegno per festeggiare il settantesimo anniversario della firma dalla Convenzione di Stresa, momento storico per la tutela delle Indicazioni geografiche con il quale fu condiviso un approccio comune per la tutela delle denominazioni di origine dei prodotti caseari: in pratica, il primo passo verso la tutela internazionale dei formaggi DOP e IGP. Fortemente voluta a livello nazionale, la Convenzione firmata il 1 giugno 1951, rappresenta il punto di partenza di un percorso che in questi anni ha portato il sistema delle Dop e Igp aincrementare il proprio valore economico, sociale e territoriale, divenendo pilastro fondamentale del comparto caseario nazionale.

 “La convenzione di Stresa ha rappresentato per il Pecorino Romano, così come per altri formaggi, l’inizio della sua affermazione sia produttiva che commerciale”, dice il presidente del Consorzio di tutela del Pecorino Romano DOP, presente all’evento di Bergamo, dove oltre agli altri consorzi sono intervenuti il sottosegretario all’Agricoltura Gianmarco Centinaio e Paolo De Castro, coordinatore S&D per la commissione AGRI del Parlamento Europeo.

“All’interno dell’area di produzione, individuato nella regione Lazio, Sardegna e nella provincia di Grosseto si è assistito in questi ultimi 70 anni allo sviluppo di un comparto che nel caso più specifico della Sardegna rappresenta oggi la seconda economia in termini di prodotto interno lordo. Il valore alla produzione del Pecorino Romano, nel 2020, è stato pari a oltre 210 milioni di euro, che trasferito nel commercio genera un valore stimato di quasi 500 milioni di euro. Numeri che – sottolinea Maoddi – fanno immediatamente capire la portata del nostro comparto, rafforzato anche dall’introduzione delle Dop, che sono oggi la massima garanzia a tutela dei consumatori. E’ stato evidente durante i mesi del lockdown: nella grande distribuzione la richiesta delle Dop è esplosa, la gente si è ritrovata a poter mangiare solo a casa e voleva la certezza che i prodotti fossero di alta qualità, associando automaticamente questa ricerca al marchio”.

Sul fronte della sostenibilità, la filiera della Dop Pecorino Romano rappresenta in assoluto il formaggio con la minore impronta ambientale, l’allevamento quasi esclusivamente estensivo con le greggi al pascolo, spesso naturale, garantisce, in virtù delle prescrizioni del disciplinare di produzione, oltre il 70% della razione alimentare proveniente dalla stessa zona di origine.

“La presenza degli allevamenti è un presidio alla tutela ambientale dal valore incomparabile. Soprattutto nelle aree interne della Sardegna – spiega il presidente del Consorzio – l’attività di allevamento rappresenta nuovamente un buon motivo per non abbandonare i piccoli centri, dunque frenare lo spopolamento, e creare occasione di ricchezza dal territorio, regalando così un’occasione importante anche ai giovani di poter restare a vivere e lavorare nella terra dove sono nati. Anche da parte degli stabilimenti di produzione ci sono stati enormi passi in avanti sul fronte ambientale: sempre più sensibili a pratiche produttive a basso impatto ambientale, continuano a investire nella produzione energetica proveniente da fonti rinnovabili disponibili in abbondanza nei nostri territori”, conclude Maoddi.

Con la Convenzione di Stresa del 1951, dal nostro Paese recepita con il DPR 18 novembre 1953, n. 1099, venne per la prima volta riconosciuta protezione alle denominazioni di origine del settore caseario e tra queste proprio al Pecorino Romano che fu, insieme al Roquefort, insignito del più importante riconoscimento di qualità. Il 10 aprile 1954 fu promulgata dall’allora presidente Einaudi la legge “Tutela delle denominazioni di origine e tipiche dei formaggi”.

Con questa Convenzione i Paesi aderenti, tutti europei, si impegnarono ad assicurare un uso leale delle denominazioni d’origine dei formaggi che presupponeva anche la definizione delle specifiche caratteristiche qualitative,  tutto ciò per garantire i consumatori finali di questi formaggi tipici. In tal modo, le parti contraenti assicuravano un livello di protezione generale molto elevato che comprendeva, tra gli altri, il divieto di utilizzare indicazioni oggettivamente false in grado di indurre in qualunque modo in errore o confusione i consumatori.

Inoltre, si introdusse anche una differenziazione tra i prodotti tipici, distinguendo tra Denominazioni d’origine (Appellations d’origine) e Denominazioni tipiche (Dénominations de fromages).

Una classificazione assai importante, posto che della Denominazioni d’origine potevano fregiarsi solo i formaggi “tradizionalmente fabbricati o raffinati in determinate regioni conformemente agli usi leali e costanti del luogo”, vale a dire non riproducibili al di fuori delle zone di produzione, diversamente le Denominazioni Tipiche venivano identificate e riconosciute come tali dal Paese contraente sulla base di indicazioni riferite “sopra tutto alla forma, al peso, alle dimensioni, al genere e al colore della crosta e della pasta, come pure al contenuto in sostanza grassa”.

Il Pecorino Romano, insieme al Roquefort, è stato l’unico formaggio tipico a essere riconosciuto sin dal principio come Denominazioni d’Origine.

 

 

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