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Calano le superfici di frumento duro e sale l’impiego di seme non certificato

Diminuiscono del 5,1% le superfici produttive destinate alla coltivazione del frumento duro e parallelamente cresce l’impiego del seme non certificato, che ha raggiunto il picco del 55% degli ettari coltivati in Italia. Sono le stime elaborate da Assosementi, sulla base dei dati ISTAT che in occasione del World Pasta Day, la giornata, celebrata il 25 ottobre, dedicata ad uno dei prodotti più amati e alimento centrale della dieta mediterranea, riconosciuta dall’Unesco patrimonio culturale immateriale dell’umanità,  evidenziano uno scenario non facile per il futuro della filiera della pasta.

“I dati emersi sono preoccupanti e minacciano una coltura che dà origine a un fiore all’occhiello del Made in Italy – ha dichiarato Franco Brazzabeni, Presidente della sezione cereali di Assosementi. L’uso di seme non certificato limita la piena tracciabilità delle produzioni e il calo delle superfici accentua la dipendenza dei trasformatori dalle importazioni. L’impiego di seme certificato rappresenta non solo la migliore garanzia di purezza e germinabilità per il pieno successo delle produzioni, ma è anche fondamentale per sostenere l’attività di ricerca. Il settore sementiero è costantemente al lavoro per selezionare varietà in grado di competere meglio in presenza di stress, come malattie fungine, insetti e virosi, suoli ricchi di alluminio e siccità”.

La produzione industriale di pasta supera i 3 milioni di tonnellate di cui oltre il 50% viene collocato sui mercati esteri all’interno dei quali prevalgono i paesi della Ue (65%), mentre la rimanente quota è destinata al consumo interno.
Partendo da una offerta interna di oltre 4 milioni di tonnellate di frumento duro, per sopperire alle necessità delle fasi a valle per la produzione di pasta, l’Italia ha dovuto importarne 1,8 milioni di tonnellate.

“Accanto agli aspetti di interesse per la traformazione industriale, quali il contenuto proteico, le proprietà dell’amido e del glutine e il colore della semola, l’innovazione vegetale può fornire risposte a consumatori sempre più attenti agli aspetti salutistici. Un esempio è il progetto coordinato dall’Italia che, grazie al lavoro di sequenziamento del genoma del grano duro, ha identificato un gene capace di limitare l’accumulo nei semi di una sostanza tossica come il cadmio. In Spagna, invece, i ricercatori dell’Università di Cordoba hanno dato vita a un frumento senza glutine, utile per le persone che soffrono di celiachia – ha continuato Brazzabeni -Le criticità del settore vanno affrontate in un’ottica di filiera: Assosementi continuerà a collaborare con i vari attori coinvolti nei tavoli di lavoro che le istituzioni hanno attivato negli ultimi mesi, con l’obiettivo di sottolineare l’importanza del seme certificato, base irrinunciabile per ogni produzione orientata alla qualità, ma anche veicolo di finanziamento della necessaria innovazione che i mercati ci richiedono”.

Il mondo agricolo e la filiera tutta stanno lavorando per proporre una pasta al cento per cento made in Italy, dalla spiga allo spaghetto. Il nostro Paese è il primo produttore in Europa di grano duro, con oltre 200mila imprese agricole coinvolte ed ha una produzione di pasta inconfondibile, con marchi apprezzati dai consumatori in tutto il mondo”. Lo ha sottolineato Confagricoltura in occasione del “World Pasta Day”.”Occorre valorizzare maggiormente il grano duro nella filiera – ha ricordato Confagricoltura -. In quest’ottica abbiamo realizzato un patto pluriennale di filiera per promuovere la produzione e la produttività di grano duro italiano adatto alla pastificazione di qualità e per arginare le importazioni dall’estero ancora notevoli. L’intesa copre tutta la filiera, dalla fornitura di mezzi tecnici allo stoccaggio, al consumo finale. Con essa si premette di aumentare la disponibilità di grano duro nazionale, incentivandone la produzione sostenibile e la tracciabilità, sostenendo gli agricoltori che scelgono di puntare sulla qualità”. “I produttori – ha ribadito Confagricoltura – stanno lavorando concretamente perché venga promossa e difesa in maniera coesa un’immagine forte del settore granario, dal campo alla tavola. La pasta italiana al 100% permette di salvaguardare e rilanciare la coltivazione del grano duro che affonda nelle tradizioni e vocazioni dei territori; ancor più fondamentale se si tiene presente che, in alcune aree del Paese, per esempio al Sud, non ci sono alternative ad essa .Per quanto riguarda i prezzi della materia prima,tendenzialmente non remunerativi, l’accordo di filiera punta anche a stabilizzarli negli anni, permettendo ai produttori di continuare ad investire nelle semine”.

 

 

 

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