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Peste suina: caso a Roma scatena allarme nazionale. Nel Lazio rischio per 43 mila suini 

Il caso di peste suina trovato a Roma trasforma l’allarme sul fenomeno in emergenza nazionale. È quanto afferma Cia-Agricoltori Italiani, intervenendo sul cinghiale infetto nel parco dell’Insugherata nella capitale, dentro il raccordo anulare.

Il presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani, Dino Scanavino rileva che: ”Questa emergenza era già stata drammaticamente preannunciata, per il proliferare indisturbato dei cinghiali in tutta Italia e per l’assenza di una legge adeguata di gestione della fauna selvatica. La notizia del cinghiale infetto, confermata dallo stesso Commissario straordinario per la PSA, Angelo Ferrari, ci dice che occorre superare  le misure blande per interventi di controllo e contenimento del fenomeno reale e a tappeto”.

Del resto, ricorda Cia – che proprio negli ultimi mesi è tornata in piazza con tre manifestazioni da Nord a Sud del Paese per sollecitare le istituzioni contro l’emergenza fauna selvatica – il problema non è di oggi, né di inizio 2021 quando è scoppiato il focolaio in Piemonte e poi in Liguria, dove tutt’ora gli animali infetti continuano ad aumentare e hanno raggiunto quota 109, 4 solo ieri.

A questi -precisa Cia- si aggiungono ora i numeri del Lazio. Un solo caso di PSA, infatti, basta a far scattare in allarme gli oltre 12 mila allevamenti di suini attivi in regione per un totale di 43 mila capi. E soprattutto, tenuto conto del fatto che, nella sola provincia di Roma, i cinghiali in libertà sarebbero già più di 20 mila.

“Sono anni che facciamo la conta dei capi a scorrazzare nei campi di tutta Italia. Sono diventati più di 2,5 milioni; dei danni all’agricoltura, aumentati del 60% nell’ultimo anno e degli incidenti stradali causati degli ungulati, quasi 500 tra 2018 e 2021 -commenta il presidente Cia, Scanavino-. Serve da troppo tempo un monitoraggio vero e una riforma della Legge 157 datata 1992 che abbiamo concretamente proposto, punto per punto, almeno 4 anni fa”.

Dunque, il caso emerso ora a Roma non fa che rafforzare una preoccupazione lungamente manifestata da Cia e l’allargarsi dell’area, oltre 500 km dalla zona rossa di Liguria e Piemonte, attraversando regioni strategiche per la norcineria, come Toscana e Umbria, palesa una gestione inefficiente e inefficace dell’emergenza PSA e fauna selvatica, l’inadeguatezza dei provvedimenti presi fino a questo punto, anche con la nomina del commissario straordinario all’emergenza.

“Sollecitiamo le istituzioni ancora una volta -aggiunge Scanavino- a essere più ferme nel perseguire le politiche di contenimento della fauna selvatica in Italia. Come già ampiamente detto, serve una campagna di controllo e riduzione del numero dei capi con figure qualificate e strumenti innovativi, un rimborso rapido, senza vincoli e burocrazia, del 100% dei danni già subiti dagli agricoltori per la peste suina. Il problema era, ed è, nazionale, va monitorato e gestito, senza lasciare sole le Regioni, gli allevatori e gli agricoltori. La Peste suina -conclude Scanavino- non è un pericolo per l’uomo, ma un’emergenza di portata tale da far affrontare, una volta per tutte, il problema ungulati che proprio a Roma, mostra le sue criticità anche per i cittadini”.

Serve responsabilità delle Istituzioni per un intervento immediato al contenimento della popolazione dei cinghiali che hanno invaso campagne e città fino alla Capitale con danni economici per gli allevatori e rischi per la sicurezza dei cittadini. E’ quanto afferma il presidente della Coldiretti Ettore Prandini in riferimento al caso di peste suina africana (Psa) a Roma, molto lontano dai focolai accertati tra Piemonte e Liguria.

Abbiamo più volte evidenziato – afferma Prandini – il rischio della diffusione della Peste Suina Africana attraverso i cinghiali e la necessità della loro riduzione numerica attraverso le attività venatorie, le azioni di controllo della legge 157/92 con l’articolo 19 e le azioni programmabili nella rete delle aree protette. Siamo infatti costretti ad affrontare una grave emergenza sanitaria perché – precisa Prandini – è mancata l’azione di prevenzione come abbiamo ripetutamente denunciato in piazza e nelle sedi istituzionali di fronte alla presenza in Italia di più di 2,3 milioni di esemplari, arrivati numerosi anche nella Capitale.

Nella provincia di Roma – stima la Coldiretti – si calcola la presenza di oltre 20 mila cinghiali che, oltre a distruggere i raccolti e spaventare i cittadini, rappresentano anche un danno economico concreto per le misure di contenimento della commercializzazione che scattano dopo l’accertamento del contagio.

A preoccupare è – continua Prandini – l’immobilismo delle Istituzioni dopo i casi individuati in Piemonte ed in Liguria con il rischio concreto che l’emergenza si allarghi ad altre regioni limitrofe dove si concentra la norcineria nazionale che è un settore di punta dell’agroalimentare made in Italy grazie al lavoro di circa centomila persone tra allevamento, trasformazione, trasporto e distribuzione con un fatturato che vale 20 miliardi.

La Peste Suina Africana – sottolinea la Coldiretti – può colpire cinghiali e maiali ed è altamente contagiosa e spesso letale per questi animali, ma non è, invece, trasmissibile agli esseri umani e nessun problema riguarda la carne. Ad oggi i casi individuati di positività riguardano solo cinghiali e nessun maiale –  conclude la Coldiretti – è stato contagiato in Italia dalla Peste Suina Africana.

Il nuovo caso di peste suina a Roma è purtroppo la dimostrazione che non sono state effettuate le misure preventive necessarie che avevamo richiesto da anni. Quello della Capitale è il comune agricolo più grande d’Europa e, logicamente, l’eccedenza della popolazione dei cinghiali che scorrazzano liberi anche in città ha amplificato il rischio di trasmissione della malattia. Ora il nostro obiettivo prioritario è quello di salvaguardare i nostri allevamenti ed i nostri prodotti. Da imprenditore agricolo combatto giornalmente con i danni dei cinghiali nella mia azienda a Roma, tra l’altro non lontana dalla Balduina. E’ inutile piangere sul latte versato. Occorre agire immediatamente su due fronti. Bisogna riportare senza indugi la popolazione dei cinghiali ad un livello compatibile con le diverse aree, procedendo subito ad effettuare azioni di depopolamento. Gli agricoltori, presenti su tutto il territorio, insieme ai selecontrollori, potranno contribuire attivamente ed efficacemente al controllo della popolazione delle specie selvatiche. E’ anche necessario prevenire la diffusione prevedendo ulteriori sostegni agli agricoltori per aumentare la biosicurezza negli allevamenti”. Lo ha affermato il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti, in occasione del ritrovamento di un cinghiale infetto nel parco dell’Insugherata, tra la via Trionfale e la via Cassia.

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