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Le mani della mafia sull’ortofrutta  

L’ultima operazione antimafia coordinata dalla Procura di Palermo, che ha portato a 23 arresti colpendo le famiglie mafiose agrigentine e trapanesi,  ha evidenziato significative infiltrazioni di Cosa nostra e della Stidda nelle attività economiche nella gestione delle mediazione commerciali per la vendita di uva e di altri prodotti ortofrutticoli che rendeva il 3% sulle transazioni per milioni di euro.

Gli arresti hanno colpito le famiglie mafiose agrigentine e trapanesi che operano in prevalenza in Sicilia, in particolare nelle province di Agrigento, Caltanissetta, Catania e Ragusa, nelle attività economiche del territorio siciliano. In particolare appare il controllo e lo sfruttamento del settore commerciale delle transazioni per la vendita di uva e di altri prodotti ortofrutticoli della provincia di Agrigento, in particolar modo nel mercato ortofrutticolo di Canicattì,che, oltre a garantire rilevantissime entrate nelle casse delle organizzazioni, permetteva di consolidare il già rilevante controllo del territorio.

Tra le persone finite in cella anche un avvocato di Canicattì nel cui studio i capimafia di diverse province siciliane si sono riuniti per due anni. Coinvolto in particolare uno dei capimafia indicato come il mandante dell’omicidio del giudice Rosario Livatino.

 “Così facendo la criminalità non solo si appropria di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma – sottolinea la Coldiretti – compromette la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani ed il valore del marchio Made in Italy. Le mafie operano attraverso furti di attrezzature e mezzi agricoli, racket, abigeato, estorsioni, o con il cosiddetto pizzo anche sotto forma di imposizione di manodopera o di servizi di trasporto o di guardiania alle aziende agricole, danneggiamento delle colture, aggressioni, usura, macellazioni clandestine, caporalato e truffe nei confronti dell’Unione europea”. Ma, precisa Coldiretti, viene condizionato anche il mercato della compravendita di terreni e della intermediazione e commercializzazione degli alimenti stabilendo i prezzi dei raccolti, gestendo i trasporti e lo smistamento, il controllo di intere catene di supermercati e ristoranti sviluppando un business criminale stimato in oltre 24,5 miliardi di euro dall’Osservatorio Agromafie. “Gli ottimi risultati dell’attività di contrasto confermano la necessità di tenere alta la guardia e di stringere le maglie ancora larghe della legislazione con la riforma dei reati in materia agroalimentare” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare che “l’innovazione tecnologica e i nuovi sistemi di produzione e distribuzione globali rendono ancora più pericolosa la criminalità nell’agroalimentare che per questo va perseguite con la revisione delle leggi sui reati alimentari elaborata da Giancarlo Caselli nell’ambito dell’Osservatorio agromafie promosso dalla Coldiretti per introdurre nuovi sistemi di indagine e un aggiornamento delle norme penali”. 

 

 

 

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