Zootecnia

Mais e fertilizzanti alle stelle. Rischio ko per allevatori italiani e le prossime semine

Allarme di Cia-Agricoltori Italiani per le ripercussioni sugli allevatori italiani delle tensioni geopolitiche in Ucraina. Le nostre stalle sono fortemente dipendente dal mais di cui Kiev è secondo Paese fornitore (700mila ton). Il granturco è, infatti, il principale ingrediente delle diete per gli animali (47%) ed è strategico nelle principali filiere nazionali dei prodotti zootecnici e bio-industriali.

La crisi in atto andrebbe a pesare su un prodotto che ha già subito nell’ultimo biennio un forte rialzo dei prezzi, che attualmente si attestano sui 186 euro/ton, in aumento del 24, 35% rispetto al 2021.  I prezzi del mais sono cominciati ad aumentare da agosto 2020 nei principali paesi esportatori (USA, Canada, Argentina, Ucraina, Brasile), raggiungendo il picco ad agosto 2021, a causa delle forti siccità e dalle alte temperature nei Paesi produttori, che hanno ridotto gli stock mondiali.

Cia è, dunque, preoccupata che la situazione in Ucraina si aggiungerebbe ai rincari vertiginosi che stanno già impattando, pesantemente, sui costi di produzione di tutte le imprese agricole nazionali. I rialzi su maisrendono decisamente poco remunerativa la produzione di carne di qualità controllata -soprattutto dove ci sono contratti di filiera con le principali catene della Grande distribuzione- e mettono ko gli allevatori di vacche da latte che già sono in lotta per l’aumento di almeno 5 cent al litro sul prezzo del latte.

Sul mais l’Italia si trova, dunque, particolarmente esposta alle crisi internazionali e sconta la forte dipendenza dalle importazioni estere di questo cereale, passate in soli 10 anni dal 15 al 50%. Per frenare il trend, Cia auspica un maggior impegno da parte del Governo ad incentivare i contratti di filiera per un mais di filiera italiana certificata, in modo da migliorare l’integrazione fra produttori e imprese di trasformazione

L’acuirsi delle tensioni, secondo Cia, preoccupa anche sul versante russo, dove già le sanzioni hanno azzerato negli ultimi anni le esportazioni del vino Made in Italy.

L’aumento dei costi energici, in particolare per quanto riguarda carburanti e fertilizzanti, e le prospettive di una primavera particolarmente siccitosa, mettono a rischio le prossime semine e le coltivazioni sotto serra. Gabriele Baldi, presidente della Confagricoltura di Asti, evidenzia una serie di dati preoccupanti: “Il gasolio, pur tenendo conto dell’accisa agevolata per il settore primario, negli ultimi 12 mesi è aumentato del 40%, passando da 65 a oltre 90 centesimi al litro, mentre il costo dei fertilizzanti è salito di circa il 300%”.  
Confagricoltura, con l’ausilio del servizio tecnico locale coordinato dall’agronomo Enrico Masenga nonché di quello regionale, ha fatto ad esempio il conto dei maggiori costi che dovranno sopportare i produttori di mais, cereale fondamentale per l’alimentazione zootecnica, per le produzioni alimentari e dai cui estratti si ricava la base per molte preparazioni farmaceutiche, coltivazione molto in diffusa in Piemonte.
In base al calcolo dei tecnici di Confagricoltura, per concimare con fertilizzanti un ettaro di mais vengono impiegati, in condizioni ordinarie, abitualmente 2 quintali di fosfato biammonico 18:46 e 5 quintali di urea. L’anno scorso il fosfato biammonico costava 38 euro al quintale, mentre oggi costa 90 euro; l’urea era quotata 30 euro al quintale, oggi 95 euro. “Questo significa che un anno fa concimare un ettaro di mais costava 226 euro, mentre oggi – dichiara Mariagrazia Baravalle, direttore dell’organizzazione astigiana – se ne spendono 655, vale a dire 379 euro in più in valori assoluti e il 290% in più in termini percentuali”.  
“Si tratta di un costo insostenibile, che rende sconveniente le semine – incalza Gabriele Baldi –  soprattutto in presenza di mercati delle commodities estremamente volatili, condizionati dalle tensioni internazionali, dalle speculazioni sui mercati a termine e da un andamento climatico che ci preoccupa”.
È anche preoccupante la situazione del florovivaismo e dell’orticoltura sotto serra. Sotto i 10° di temperatura – spiegano ancora i tecnici di Asti Agricoltura – le piante bloccano lo sviluppo vegetativo. Il costo del metano per il riscaldamento delle serre, nell’arco di quattro mesi, è passato da 0,21  a 1,20 euro al metro cubo (quasi 600%!!). 
Nel frattempo ieri il Consiglio dei Ministri ha licenziato alcuni provvedimenti in materia energetica ma Confagricoltura, in attesa della pubblicazione del testo definitivo, pur esprimendo apprezzamento per l’accelerazione sulla semplificazione e sulle risorse a disposizione per sviluppare ulteriormente le energie rinnovabili ritiene che non siano risolutivi, invece, gli interventi a breve termine che sarebbero previsti sui costi energetici. Pur essendo importanti anche per le imprese agricole, con la conferma dell’annullamento degli oneri di sistema, non riguarderebbero infatti gli extra costi energetici, ma esclusivamente le imprese classificate energivore.  
Per il settore agricolo si tratta esclusivamente di poche e specifiche realtà produttive che svolgono attività di trasformazione a cui è associata una forte domanda di energia elettrica o gas. “Se le anticipazioni saranno confermate – conclude preoccupata Baravalle – si sarebbe persa, in generale, l’occasione di agire in modo efficace sulla compensazione dei costi energetici delle imprese agricole”. 

 

 

 

 

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