NEWS

Le mani dei clan sulla vendita dell’uva in Sicilia

Nove arresti e a un obbligo di dimora in provincia di Agrigento, su disposizione firmata dal gip di Palermo e chiesta dalla direzione distrettuale antimafia del capoluogo della Sicilia è il risultato dell’’operazione Condor dei carabinieri, che ha ha permesso di raccogliere indizi sul controllo delle attività economiche nel territorio di Palma di Montechiaro, con riferimento al settore degli apparecchi da gioco e delle mediazioni per la vendita dell’uva (le cosiddette sensalie).

Inoltre sono state accertate le cosiddette messe a posto a Favara ed anche episodi di incendi a scopo intimidatorio.

A carico di alcuni degli indagati sono stati acquisiti gravi indizi sull’interferenza esercitata da Cosa Nostra sul  settore economico delle transazioni per la vendita di uva e la progressiva ingerenza in questo comparto da parte della Stidda. In tale ambito sono emersi rapporti del vertice della famiglia mafiosa di Palma di Montechiaro con la ‘ndrina calabrese dei Barbaro di Platì. Dall’indagine emerge la gestione da parte dei clan di un impianto di pesatura dell’uva, i cui proventi sarebbero stati in parte destinati al mantenimento dei detenuti.

Sul fronte estorsioni emerge la pressione esercitata nei confronti di un imprenditore costretto ad astenersi dalla partecipazione ad un’asta giudiziaria finalizzata alla vendita di alcuni terreni. C’è poi la tentata estorsione ai danni di un altro imprenditore del settore della distribuzione e gestione di congegni e apparecchi elettronici.
L’uva è sottopagata agli agricoltori su valori che non coprono neanche i costi di produzione, ma i prezzi arrivano a più che triplicare dal campo alla tavola anche per effetto delle infiltrazioni della malavita che soffoca l’imprenditoria onesta e distrugge la concorrenza e il libero mercato. E’ quanto afferma la Coldiretti in riferimento all’operazione condotta dai carabinieri, con l’esecuzione di 10 misure cautelari nei confronti di una organizzazione mafiosa attiva nelle mediazioni per la vendita dell’uva (le ‘sensalie’) nell’agrigentino. Così facendo, sottolinea la Coldiretti, viene condizionato il mercato della commercializzazione degli alimenti stabilendo i prezzi dei raccolti, gestendo i trasporti e lo smistamento. La criminalità non solo si appropria di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, approfittando anche della crisi causata dalla pandemia e dalla crisi energetica, ma – sottolinea la Coldiretti – compromette la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani ed il valore del marchio Made in Italy. Le mafie nelle campagne, continua Coldiretti, operano attraverso furti di attrezzature e mezzi agricoli, racket, abigeato, estorsioni, o con il cosiddetto pizzo anche sotto forma di imposizione di manodopera o di servizi di trasporto o di guardiania alle aziende agricole, danneggiamento delle colture, aggressioni, usura, macellazioni clandestine, caporalato e truffe nei confronti dell’Unione europea fino al controllo di intere catene di supermercati e ristoranti con un business criminale stimato in oltre 24,5 miliardi di euro dall’Osservatorio Agromafie.

Condividi