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Organizzazioni di Produttori per far crescere il biologico

Organizzazioni di Produttori più credibili e rappresentative, fortemente orientate al mercato e realmente gestite da agricoltori, è quanto occorre alle OP (Organizzazioni di Produttori) per essere realmente sfidanti e avere un ruolo chiave anche nella crescita delle filiere biologiche. Questo ha ribadito Anabio, l’Associazione per il biologico di Cia-Agricoltori Italiani nel corso del seminario organizzato a Roma, nell’ambito dell’annuale Assemblea.

Del resto, quella del bio, è una realtà dal peso specifico consistente. In Italia si contano 76 mila aziende per una superficie coltivata che sfiora i 2 milioni di ettari e incide sulla Sau totale più del 15%. Il Paese è il primo in Europa per numero di produttori, seguito da Francia, Germania e Spagna e secondo a quest’ultima per Sau. Nel 2018 gli acquisti sono cresciuti del 10%, interessando il 64% degli italiani per un mercato che vale quasi 3,5 mld di euro.

L’ortofrutta, che rappresenta il 25,7% della distribuzione dei consumi bio, resta il comparto trainante ed è il settore più maturo in termini di aggregazione OP che però, pur con 304 organizzazioni, si attesta appena al 50% (sul totale delle 603 OP italiane). Seguono con un +16% i prodotti trasformati (pasta bio, cereali da prima colazione e biscotti), latte e derivati (13%) e le uova (+5%). Le importazioni dai Paesi Terzi registrano un incremento contenuto del 16,80% ed è sempre l’ortofrutta ad occupare la fetta più grande con una crescita, negli ultimi tre anni, del 54,8%.

Per Anabio-Cia, dunque, rilancio delle OP e necessità di maggiore strutturazione delle filiere bio – come già prevista a livello legislativo dalla Misura 2 del “Piano strategico nazionale per lo sviluppo del sistema biologico” (approvato dal Mipaaft nel 2016) – , devono camminare sempre più di pari passo. Ciò tiene conto, da una parte della centralità delle aziende agricole, promotrici del biologico come modello agricolo del futuro, in grado di agevolare sostenibilità ambientale e sociale, garantire qualità delle produzioni, integrando innovazione tecnologica, digitale e infrastrutturale a tutela anche della distribuzione e della tracciabilità delle materie prime; dall’altra, dei nuovi margini di incertezza cui i produttori bio sono esposti, con il rischio di erosione del reddito che induce alla cooperazione tra agricoltori in una logica di filiere produttive.

E’ quindi evidente, secondo Anabio, l’urgenza di un cambio di passo per la tutela del biologico italiano, che gli consenta di rafforzarsi in OP affidabili, efficaci nei servizi e in grado di garantire adeguata remunerazione agli agricoltori associati. Questo, forti del Decreto generale sulle OP (Misura 2) sulla verifica della fattibilità tecnica e le modalità attuative in favore del settore bio. Va, inoltre, rafforzato il ruolo economico delle OP, stimolando l’aggregazione, ma anche creando condizioni più solide di accesso a mercati, difficili per il singolo operatore. Infine -per Anabio- le OP devono essere realmente controllate dagli agricoltori con forme giuridiche appropriate.

“Il processo di sviluppo del settore come delle OP -ha commentato il presidente di Anabio-Cia Federico Marchini- rende responsabili tutti i protagonisti della filiera, dai produttori alle istituzioni che in primo luogo devono intervenire con norme adeguate. Resta però ancora fermo in Senato -ha ricordato Marchini- il disegno di legge sul biologico di cui chiediamo rapida approvazione. Va nella giusta direzione, fornisce importanti strumenti organizzativi e interviene puntualmente anche sulle OP”.

“L’Europa che vogliamo -ha aggiunto Dino Scanavino, presidente nazionale di Cia-Agricoltori Italiani- deve puntare molto sul biologico. Ai nuovi eletti chiediamo di accelerare nella riforma della Pac post 2020che pone molta attenzione sulle potenzialità delle OP. Di contro gli Stati membri -ha concluso Scanavino- dovranno muoversi in modo piùomogeneo nella promozione e diffusione sul territorio”.

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