Politiche agricole

Farm to Fork  tra luci ed ombre

La Commissione europea ha presentato le due comunicazioni su biodiversità e Farm to Fork che definiscono il ruolo dell’agroalimentare nell’ambito del Green Deal europeo. Bruxelles punta a raggiungere una quota di almeno il 30% delle aree rurali e marine europee protette, e a trasformare il 10% delle superfici agricole in aree ad alta biodiversità.
E’ prevista la riduzione del 50% dell’uso dei fitorfarmaci in agricoltura e del 20% dei fertilizzanti, entro il 2030. Taglio del 50% dei consumi di antibiotici per gli allevamenti e l’acquacoltura e incremento del 25% delle superfici coltivate a biologico, oltre all’ulteriore estensione dell’indicazione di origine e valori nutritivi in etichetta. E’ poi previsto un finanziamento di 20 miliardi l’anno tra fondi Ue, nazionali e privati. Questa la strategia sulla sostenibilità al 2030.
“I cambiamenti climatici e la perdita di biodiversità  – ha dichiarato il vicepresidente esecutivo della Commissione europea Frans Timmermans, responsabile dell’attuazione degli obiettivi del Green Deal –. sono un chiaro e attuale pericolo per l’umanità. Al centro del Green Deal le strategie di biodiversità e Farm to Fork puntano a un nuovo e migliore equilibrio tra natura, sistemi alimentari e biodiversità; proteggere la salute e il benessere dei nostri cittadini e allo stesso tempo aumentare la competitività e la resilienza dell’Ue. Queste strategie sono una parte cruciale della grande transizione che stiamo intraprendendo”.
“Siamo pronti a raccogliere la sfida ambiziosa che ci lancia oggi la Commissione europea con la presentazione delle sue strategie Farm to Fork e Biodiversità, ma non a qualunque prezzo. Si tratta – commenta Paolo De Castro (nella foto), coordinatore S&D alla commissione Agricoltura del Parlamento europeo – dell’inizio di un percorso che deve portare alla creazione di un patto fiduciario tra produttori e consumatori europei basato sulla qualità, la trasparenza e sicurezza dei processi produttivi e dei prodotti che arrivano sulle nostre tavole”.
La Commissione europea sbaglia ad accelerare sulla strategia Farm to Fork in un momento in cui gli agricoltori europei guardano con crescente incertezza al loro futuro – dice Herbert Dorfmann, coordinatore del Partito popolare europeo in commissione agricoltura – Il minimo che ora la Commissione può fare è avviare una valutazione d’impatto seria, in grado di quantificare adeguatamente gli effetti economici della nuova strategia”.
“Le proposte della Commissione penalizzano il potenziale produttivo dell’agricoltura e del sistema agroalimentare europeo. È una prospettiva che non condividiamo, anche perché aumenterebbero le importazioni da Paesi terzi che applicano regole diverse e meno rigorose – ha detto il presidente di Confagricoltura Massimiliano Giansanti –. Nel contesto dell’emergenza sanitaria in atto l’agricoltura e il sistema agroalimentare sono stati considerati alla stregua di attività essenziali, anche dalla Commissione Ue. I prodotti destinati all’alimentazione hanno una valenza pubblica che, in futuro, non dovrà essere sottovalutata e sacrificata”.
Per il presidente della Coldiretti Ettore Prandini “l’estensione dell’obbligo di etichette con l’indicazione dell’origine degli alimenti è una vittoria per 1,1 milioni di cittadini europei che hanno firmato l’iniziativa dei cittadini europei promossa dalla Coldiretti ed altre organizzazioni europee, da Solidarnosc a Fnsea, ma non mancano le criticità nella strategia che presenta preoccupanti zone d’ombra nei fuorvianti bollini nutriscore e nei pregiudizi sui consumi di carne e sugli allevamenti”.
“Gli ambiziosi obiettivi contenuti nelle comunicazioni dell’Esecutivo comunitario – commenta  presidente della Copagri Franco Verrascina – pur non essendo vincolanti, non devono andare a penalizzare i produttori agricoli, messi già a durissima prova dalla pandemia del COVID-19. Per questo riteniamo necessaria una seria valutazione d’impatto, prestando particolare attenzione alle ricadute economiche delle ambiziose sfide lanciate dalla Commissione europea, che punta entro il 2030 alla riduzione del 50% delle perdite di sostanza organica nei terreni, al calo del 50% dell’utilizzo dei pesticidi e degli antimicrobici, alla diminuzione del 20% dell’uso dei fertilizzanti e all’aumento del 25% dei terreni coltivati con l’agricoltura biologica”.

Ma a livello europeo le reazioni più negative sono arrivate, almeno per il momento, dal mondo agricolo francese per il quale la Commissione ha “tracciato per le nostre produzioni, grano, barbabietole da zucchero e semi oleosi,una prospettiva di declino. Difficile compensare il taglio del 50% dei fitofarmaci e del 20% dei fertilizzanti”.
Delusione e rammarico anche per  ASSICA, Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi. “Nel testo approvato rileviamo una contrapposizione diffusa tra prodotti di origine animale e prodotti di origine vegetale. Cattivi o quantomeno sospetti i primi, buoni ed esenti da difetti o impatti ambientali i secondi. Avremmo preferito un approccio più equilibrato da parte della Commissione europea. Ci saremmo aspettati fosse stata più obiettiva, che nel testo fosse quantomeno considerato che una dieta equilibrata dovrebbe includere tutti gli alimenti” ha affermato il Presidente di Assica, Nicola Levoni.

 

 

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