Zootecnia

Ovinicoltura, una filiera da quasi un miliardo di euro

Per quanto venga spesso considerato marginale, il settore ovicaprino riveste un ruolo strategico per l’economia zootecnica del nostro Paese. L’intera filiera vale quasi  un miliardo di euro annui tra produzione di latte e carni, con un totale di 135mila allevamenti e circa 7,4 milioni di capi.

Il settore ovicaprino  è sbarcato alle Fiere Zootecniche Internazionali di Cremona Fiere. L’evento, da sempre dedicato al settore bovino e dei macchinari per l’agricoltura, ha aperto per la prima volta le sue porte a quello allevatoriale di pecore e capre, oggi strategico nel panorama agricolo, grazie alla sua dinamicità, innovazione e  una intensa attività di ricerca a suo sostegno. Merito di tutto questo deve essere ascritto alla presidente nazionale del Settore Ovicaprino di Confagricoltura, la battagliera Angela Saba che è riuscita in questa epica impresa.  “Non posso nascondere la felicità – ammette l’imprenditrice casara maremmana – perché quella di portare il mio settore dentro un evento internazionale della portata di Cremona Fiere non è stato facile. Abbiamo abbattuto il muro di Berlino e sfondato quello del suono. L’intento era di far crollare lo stereotipo secondo cui al pastore si abbini allo zampognaro o meglio ancora al quadretto da appendere come immagine bucolica. Il nostro, in realtà, è un settore all’avanguardia che muove grossi numeri e che lavora a fianco della ricerca”. 

“Riconoscendo il valore del settore e con l’intenzione di sostenerlo, quest’anno abbiamo deciso di introdurre il tema dell’ovinicoltura con gli Stati Generali dell’ovinicoltura italiana all’interno delle Fiere Zootecniche Internazionali, in programma a Cremona dall’1 al 3 dicembre – dichiara Roberto Biloni, Presidente di CremonaFiere -. Ritenevamo importante completare l’offerta della fiera zootecnica, per questo abbiamo inserito il settore ovino e stiamo costruendo le basi per un importante lavoro di promozione della filiera a partire dall’incontro del prossimo 2 dicembre”.
Quello ovicaprino in Italia porta con sé numeri consistenti, soprattutto nel Centro-Sud e nell’Italia insulare, con 0,8 miliardi di euro di valore alla produzione pari all’1% di quella agricola nazionale e il 4,4% di quella zootecnica e costituisce, specie in alcuni territori, un presidio essenziale ad elemento notevole per la crescita e l’occupazione di alcune aree vocate. Sono attualmente quasi 136mila gli allevamenti e circa 7,5 i milioni di capi allevati. Un settore che appare in contrazione (negli ultimi 5 anni sono diminuiti del 6,7% gli allevamenti e del 2,5% i capi allevati, anche a causa del problema dei predatori che stanno imperversando in tutto lo Stivale. 

Un incontro, quello cremonese, che qualcuno ha già ribattezzato gli stati generali del settore, grazie a un parterre di grande importanza. Infatti, oltre alla presenza dei presidenti dei due consorzi di tutela del pecorino più significativi, il Romano Dop e il Toscano Dop, rispettivamente Gianni Maoddi e Carlo Santarelli, si è notata quella del presidente nazionale di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti
“Abbiamo parlato della filiera in tutte le sue accezioni – spiega Angela Saba, soddisfatta per la vicinanza di Antonfrancesco Vivarelli Colonna, sindaco di Grosseto, area vocata alla pastorizia – dal lattiero caseario, alla carne (con la testimonianza dell’imprenditore Tiziano Iulianella), alla lana e dell’importanza del prodotto trasformato soprattutto nelle regioni d’elezione. Spazio è stato lasciato alla ricerca e all’innovazione, con i progetti portati avanti in varie regioni d’Italia dall’Università di Pisa con il professor Marcello Mele e dalla Regione Toscana con il dirigente del settore agricolo Gennaro Giliberti. Dai dati forniti emerge come il sistema toscano sia molto progredito e innovativo. Resta il grosso punto interrogativo della predazione, perché gran parte delle regioni italiane si trovano a dover far fronte a questo problema che condiziona economicamente il settore. Nella disamina, l’attenzione è stata puntata sui costi e sulla Politica Agricola Comune, quest’ultima accusata di aver escluso da alcuni ecoschemi l’ovicaprino, perché considerato marginale. Come si fa – si chiede Saba – a considerare non rilevante chi fa mangiare migliaia di famiglie e copre l’intera filiera, dalla mangimistica, alle foraggere, ai macchinari? La nostra è una vera e propria economia circolare, in cui si guarda al benessere animale, ecosostenibile, perché gli allevamenti ad oggi sono tutti bradi o semi bradi. E’ una tipologia di allevamento che deve crescere ed essere sostenuta dalla politica, affinché i giovani, anziché fuggire e scegliere alternative, rimangano e trovino fonti di reddito anche in questo lavoro. Purtroppo anche il settore ovicaprino sta vivendo una difficile congiuntura a causa dell’aumento dei costi di produzione e delle quotazioni insoddisfacenti  che, sebbene in aumento, non consentono di coprire i maggiori costi, soprattutto a causa dei rincari per mangimistica ed energia. Una manifestazione come la Fiera di Cremona rappresenta il luogo ideale per meglio far conoscere il valore di questo settore in aree dove ad oggi ancora rimane poco sviluppato e per promuovere scambi di conoscenza e partenariati che possono rafforzare il comparto”.

 L’Italia ha un ruolo determinante nella produzione ovicaprina a livello europeo: il nostro Paese è al primo posto per produzione di formaggi a base di latte di pecora, al terzo per la produzione di latte ovino dietro Grecia e Spagna e al settimo posto per la produzione di cani ovicaprine. A livello nazionale, la metà dei capi allevati oggi sono in Sardegna e lì si concentra quasi la metà del valore della produzione di carne e latte; il resto del patrimonio ovicaprino e della relativa produzione è localizzato tra Sicilia, Toscana e Lazio ed in misura minore Calabria, Basilicata e poi nel resto d’Italia.

Condividi