Politiche agricole

Emendamento bilancio su contenimento cinghiali, bene interventi per gestione fauna selvatica

 

Confagricoltura accoglie con favore l’emendamento sulle misure di contenimento della comunità di cinghiali in Italia approvato dalla commissione Bilancio della Camera. La decisione del governo di procedere con un programma di abbattimenti la cui realizzazione sarà competenza del Comando unità per la tutela forestale, ambientale e agroalimentare dei Carabinieri, risponde alle richieste della Confederazione di porre un freno alla diffusione della specie selvatica.

La proliferazione incontrollata di questi animali non è solo una minaccia per le attività agricole e per l’incolumità dei cittadini, ma è anche il principale viatico del temibile virus della Peste suina (PSA), vero incubo per l’intera filiera suinicola italiana. In tal senso, è importante che l’emendamento preveda l’analisi igienico-sanitaria dei cinghiali abbattuti.

La Confederazione comprende e condivide la ratio alla base della decisione di estendere gli abbattimenti alle aree protette e urbane, anche nei periodi di silenzio venatorio e di divieto di caccia. La diffusione senza controllo della specie, ormai presente in molte città italiane, impone interventi di carattere emergenziale. Confagricoltura giudica positivamente anche il possibile coinvolgimento delle guardie venatorie, dei cacciatori riconosciuti, e degli agenti delle Polizie locali e provinciali con apposita licenza.

La garanzia sulla sicurezza pubblica e sulla liceità e regolarità degli abbattimenti è garantita dalla competenza affidata all’Arma dei Carabinieri. Positiva, infine, anche la visione di lunga durata che ha l’emendamento con la previsione di un Piano straordinario quinquennale di gestione e contenimento della fauna selvatica.

Riportare sotto controllo la diffusione di cinghiali selvatici vuol dire porre un freno alla diffusione della PSA, tra le cause dei gravi danni che il settore suinicolo italiano sta sopportando da molto tempo. La diffusione del virus, infatti, ha spinto vari Paesi a limitare e in alcuni casi, a vietare l’import di prodotti italiani derivati da carni suine.

Il settore in Italia conta quasi 9 milioni di capi, allevati in oltre 30mila allevamenti. Con un export di 1,5 miliardi di euro nel 2021, il volume di affari totale (produzione degli allevamenti e fatturato dell’industria di trasformazione) sfiora gli 11 miliardi. Complessivamente, la produzione suinicola ed il fatturato dell’industria dei salumi incidono per poco più del 5% sul totale della produzione agricola nazionale e sul fatturato dell’intera industria agroalimentare italiana.

Bene l’inserimento in Manovra delle misure su controllo, gestione e contenimento della fauna selvatica, a partire dalla possibilità per le Regioni di intervenire anche nelle zone vietate alla caccia, incluse aree urbane e aree protette. Positiva anche l’introduzione del Piano straordinario per la gestione e il contenimento della fauna selvatica che auspichiamo sia adottato entro i temi stabiliti dalla norma. Così Cia-Agricoltori Italiani, secondo cui il sovrappopolamento degli ungulati su tutto il territorio nazionale, è ormai diventato un problema di sicurezza pubblica oltre che economico per le imprese agricole.

L’Italia, infatti, conta ormai oltre 2 milioni di cinghiali -spiega Cia-. Un’emergenza che richiede, infatti, una strategia su più fronti, dalla riforma radicale della legge 157/92, che l’organizzazione chiede da anni, a un nuovo sistema di indennizzi per gli agricoltori più efficiente e tempestivo. In questo senso -sottolinea Cia- gli emendamenti inseriti nella legge di Bilancio vanno nella giusta direzione. Ancora più che nelle città, però, è necessario intervenire rapidamente nelle aree interne e rurali, dove la questione cinghiali è diventata insostenibile da tempo con danni ingenti alle coltivazioni, agli allevamenti e alle strutture agricole.

Finalmente un provvedimento concreto per porre fine all’incontrollata moltiplicazione dei cinghiali in Italia dove se ne conta uno ogni ventisei abitanti, per un totale di 2,3 milioni di esemplari, che mettono a rischio la salute, il lavoro e la sicurezza degli italiani con un incidente ogni 41 ore causato dalla fauna selvatica. Ad affermarlo è il presidente della Coldiretti Ettore Prandini in riferimento alla norma sui cinghiali approvata all’interno della Manovra in discussione alla Camera.

I branchi – sottolinea Prandini – si spingono sempre più vicini ad abitazioni e scuole, fino ai parchi, distruggono i raccolti, aggrediscono gli animali, assediano stalle, causano incidenti stradali con morti e feriti e razzolano tra i rifiuti con evidenti rischi per la salute. La situazione è diventata insostenibile in città e nelle campagne con danni economici incalcolabili alle produzioni agricole ma – continua Prandini – viene compromesso anche l’equilibrio ambientale di vasti ecosistemi territoriali in aree di pregio naturalistico con la perdita di biodiversità sia animale che vegetale senza dimenticare i rischi per gli allevamenti e il Made in Italy a tavola con la diffusione della peste africana.

L’invasione di vie e piazze da parte dei selvatici viene vissuta dai cittadini come una vera e propria emergenza, tanto che oltre otto italiani su 10 (81%) – secondo l’indagine Coldiretti/Ixè – pensano che vada affrontata con il ricorso agli abbattimenti, soprattutto incaricando personale specializzato per ridurne il numero anche perché un italiano adulto su quattro (26%) si è trovato faccia a faccia con questi animali. Negli ultimi dieci anni peraltro il numero di incidenti gravi con morti e feriti causati da animali è praticamente raddoppiato (+81%) sulle strade provinciali secondo la stima Coldiretti su dati Aci Istat.

Se nelle città molti abitanti sono costretti a vivere nella paura – conclude Coldiretti -, nelle campagne la presenza dei cinghiali ha già causato l’abbandono di 800mila ettari di terreni fertili che oggi, oltre a non essere più produttivi, sono esposti all`erosione e al dissesto idrogeologico.

“Una gestione incontrollata delle specie faunistiche invasive, oltre a rappresentare un concreto pericolo per le produzioni agricole, comporta numerose problematiche di carattere igienico-sanitario, a livello animale ma anche umano, e mette inoltre a serio rischio la pubblica incolumità, come dimostrano i numerosi fatti di cronaca che vedono protagonisti in particolar modo i cinghiali, che in sempre più casi imperversano nelle immediate vicinanze o addirittura all’interno degli abitati e delle zone centrali, anche delle grandi città”. Lo sottolinea il presidente della Copagri Tommaso Battista, esprimendo soddisfazione per il via libera, previsto dalla manovra, alla caccia della fauna selvatica anche nelle zone dove è vietata l’attività venatoria, comprese le aree protette e quelle urbane.

“Ringraziamo la maggioranza per aver prontamente accolto una nostra sollecitazione, dando una concreta risposta alle legittime istanze dei tantissimi produttori agricoli da tempo vessati da una problematica atavica, che affonda le sue radici nella necessità di mettere mano con sempre maggiore urgenza ai superati e datati contenuti della legge 157/1992, risalente ad oltre trent’anni fa e ormai inadatta a conciliare le esigenze della fauna selvatica con quelle dell’agricoltura”, aggiunge Battista, evidenziando che “soltanto nell’ultimo decennio, il numero di ungulati nel nostro Paese è passato dai 900.000 capi del 2010 agli oltre 2 milioni del 2020, con un significativo e preoccupante aumento del 111%, percentuale sulla quale ha inoltre inciso lo stop alle attività venatorie arrivato durante la drammatica fase pandemica”.

“Mi preme ribadire, come ho già avuto modo di fare durante diversi incontri con i vertici della politica agricola del Paese, che l’attuale sistema normativo non sembra garantire un reale bilanciamento tra l’agricoltura e la fauna selvatica; gli interventi di controllo delle popolazioni attuati negli ultimi anni, infatti, hanno prodotto scarsissimi risultati, tanto da portare al proliferare incontrollato della popolazione di cinghiali”, rimarca il presidente, secondo cui “è positiva anche l’introduzione di un Piano straordinario quinquennale per la gestione e il contenimento della faune selvatica, da intendersi quale strumento fondamentale per puntare sulla prevenzione, agendo quindi per evitare il danno ancora prima che si verifichi”.

“E’ bene ricordare che quanto inserito in manovra non corrisponde a una deregolamentazione della caccia, in quanto l’abbattimento, oltre che pianificato e concordato, sarà consentito solo ai cacciatori iscritti agli ATC e dovrà essere autorizzato dagli enti preposti”, fa notare Battista, chiedendo un maggiore impegno sul versante degli indennizzi a favore dei produttori agricoli, che “da anni assistono impotenti alla distruzione di percentuali significative dei propri raccolti ad opera di ungulati e altre specie invasive”.

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