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Bio e convenzionale: rese a confronto in uno studio sui Paesi extra UE

I dati di rese e produzioni per l’agricoltura biologica, soprattutto fuori dal territorio UE, sono pochissimi, frammentati e spesso poco affidabili. Ed il semplice confronto con le rese del convenzionale, a parità di coltura e Paese, non rende giustizia dei molti e diversificati fattori che incidono sulla variabilità delle rese stesse.

Lo studio, 18 prodotti ed 11 Paesi coperti tra Turchia, Russia, Kazakhstan, Cina, Filippine e larga parte del Nord Africa, per un totale di 40 combinazioni prodotto-Paese, mette in luce l’altissima variabilità delle rese, con moltiplicatori spesso di 3-4 volte tra valori minimi e massimi, e picchi anche superiori soprattutto in Paesi di dimensioni medio-grandi o con sistemi colturali molto diversificati. Utilizzando dati che vanno ben oltre le statistiche disponibili da fonti internazionali, lo studio ha preso in considerazioni fonti nazionali, studi o ricerche condotte su singoli prodotti o singole aree da istituti di ricerca locali, e soprattutto contatti con esperti locali, che hanno aiutato a spiegare le ragioni di tanta variabilità nei dati di resa. Tra queste, le differenze esistenti tra regione e regione, soprattutto in Paesi di vaste dimensioni come la Russia, il Kazakhstan o la Turchia, tra diverse altitudini, tra aziende più produttive e coltivazioni più “intensive” ad aziende marginali e tecniche produttive meno intensive, tra varietà più recenti e performanti e varietà datate e meno produttive.

Emergono anche alcuni risultanti apparentemente sorprendenti nel confronto tra bio e convenzionale. “In più di un’occasione – afferma Serena Berisio, una degli esperti del team Areté che ha guidato lo studio – le rese dell’agricoltura biologica risultano superiori a quelle medie del convenzionale all’interno dello stesso Paese; questo naturalmente non per una maggiore produttività intrinseca del bio, ma per un mix di condizioni che vanno dalla concentrazione delle produzioni bio nelle aree e nelle aziende più produttive di alcuni Paesi, all’utilizzo di tecniche di coltivazione più intensive, spinte dai prezzi di vendita più alti realizzabili con i prodotti biologici, sino all’utilizzo di varietà più performanti”.

“Un’agricoltura biologica intensiva può essere più efficiente di un’agricoltura convenzionale estensiva e le rese migliorano – commenta Fabrizio Piva, amministratore delegato CCPB – Ciò può essere uno spunto per dimostrare come il biologico possa contribuire a sfamare il mondo in modo consapevole e responsabile”.

All’interno di uno studio complesso, i risultati più significativi per il bio si registrano nel raccolto 2013 del grano tenero in Russia, che registra una resa del 14% migliore rispetto all’analogo convenzionale; le albicocche della Tunisia tra 2006 e il 2018 arrivano a registrare prestazioni fino al 27% più performanti del convenzionale.

Lo studio costituisce non solo un motivo di riflessione strategica per tutti gli attori, istituzionali e privati, del settore, ma anche uno strumento di lavoro. La produttività agricola è infatti uno dei parametri che gli organismi di certificazione valutano durante i controlli alle aziende, per capire se effettivamente il metodo impiegato è bio oppure no.

Per svolgere lo studio CCPB si è rivolto ad Areté srl di Bologna, una società indipendente di ricerca, analisi e consulenza economica specializzata nei settori dell’agricoltura, del food e dei mercati connessi.

Sono state prese in esame le variabilità delle rese per diverse selezioni di colture (18 in totale, tra cui cereali, frutta, ortaggi) in 11 diversi Paesi (Marocco, Algeria, Tunisia, Turchia, Libano, Russia, Moldavia, Ucraina, Kazakistan, China, Filippine), tenendo conto di come variano in un arco di tempo (tra il 2006 e il 2019), tra diverse regioni, tra tipologie di aziende agricole, tra agricoltura convenzionale e biologica. Le fonti utilizzate sono database pubblici e privati, interviste con esperti e operatori del settore, tool statistici descrittivi.

 

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